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S.A. 27 ottobre 2014
Scoperto un ragno nuragico ad Alghero
La scoperta ad Alghero è del fotografo naturalista Marco Colombo e risale al 2007, oggi finalmente questa specie ha un nome: Amblyocarenum nuragicus, in onore della civiltà nuragica


ALGHERO - «Non è stato importato in Sardegna, non arriva da Paesi lontani, ma è sempre stato lì. Solo che nessuno ci aveva mai fatto caso. eppure è un ragno di dimensioni non indifferenti (corpo lungo fino a 25 mm)». La scoperta ad Alghero è del fotografo naturalista Marco Colombo e risale al 2007, oggi finalmente questa specie ha un nome: Amblyocarenum nuragicus, in onore della civiltà nuragica. Grazie al contributo nelle ricerche sul campo del dr. Bruno Manunza (Università di Sassari) e all’instancabile e insostituibile lavoro di comparazione con gli esemplari conservati nei musei di tutta Europa da parte del massimo esperto dell’ambito, Dr. Arthur Decae (Natural History Museum Rotterdam, The Netherlands) è stato possibile determinare l’identità di questo ragno prima sconosciuto.

Un animale dalle abitudini particolari, seppur già note per altre specie simili: scava un cunicolo nel suolo e ne chiude l’ingresso con un opercolo di terra e tela (da cui il nome generico di “ragni botola”), per proteggersi dalla disidratazione e dai predatori; durante la notte attende sotto all’opercolo il passaggio delle prede, piccoli invertebrati, che cattura con un agguato fulmineo. Arrivati all’età adulta i maschi, invece, abbandonano la propria tana e vagano alla ricerca delle femmine per l’accoppiamento.

Questa specie si è rivelata molto comune in gran parte dell’isola, ed è l’ennesima dimostrazione che anche in Italia vi è ancora molto da scoprire dal punto di vista naturalistico e della biodiversità, un patrimonio da difendere e proteggere. I risultati della ricerca, che spaziano da un’analisi morfologica e comparativa con le altre specie simili mediterranee ad osservazioni eco-etologiche di campo, sono stati pubblicati su "Arachnology", il Bollettino della Società Aracnologica Britannica.

«La scoperta effettuata all’interno dell’area di Porto Conte – commenta il direttore del Parco Vittorio Gazale - è da ritenersi di straordinario interesse scientifico e giustifica la necessità di continuare a studiare e proteggere il nostro territorio; per Porto Conte, in particolare, si tratta di un’ulteriore testimonianza del valore del suo patrimonio di biodiversità animale e vegetale, unico a livello mondiale, che consolida il parco come una delle aree protette più importanti dell’intero mediterraneo. Ringraziamo i due ricercatori per l’impegno costante e per l’attenzione riposta da sempre nei confronti del nostro territorio».

[Foto di Marco Colombo]
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