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Olbia 24notizieolbiaSpettacoloTeatro › A Teatro, La semplicità ingannata
Red 15 febbraio 2017
A Teatro, La semplicità ingannata
La piece debutterà in prima regionale nell´Isola venerdì, all´Auditorium Comunale di Arzachena, e sarà poi in tournée sabato al Padiglione Tamuli delle ex Caserme Mura di Macomer e domenica al Teatro Grazia Deledda di Paulilatino


ARZACHENA – S'intitola “La semplicità ingannata” l'affascinante pièce di Marta Cuscunà (una delle più interessanti autrici ed interpreti della scena italiana contemporanea, attrice pluripremiata e raffinata performer capace di sposare recitazione e teatro di figura): un'originale “Satira per attrice e pupazze sul lusso d'esser donne”, come svela il sottotitolo, ispirata alle opere letterarie di Arcangela Tarabotti ed alla vicenda delle Clarisse di Udine, seconda tappa del progetto sulle Resistenze femminili in Italia. La semplicità ingannata debutterà in prima regionale nell'Isola venerdì 17 febbraio, all'Auditorium Comunale di Arzachena e sarà poi in tournée, sabato 18, al Padiglione Tamuli delle ex Caserme Mura di Macomer, e domenica 19, al Teatro Grazia Deledda di Paulilatino, sotto le insegne del Cedac, per la Stagione 2016-17 de La grande prosa, nell'ambito del Circuito multidisciplinare dello spettacolo in Sardegna. Tutti gli spettacoli sono in programma alle ore 21.

Un'opera intrigante che mette l'accento sull'amara condizione della donna nel Cinquecento, in Italia, quando le fanciulle, in mancanza di un'adeguata dote che potesse garantir loro un matrimonio conveniente o confacente al loro rango ovvero in assenza di pretendenti, o anche semplicemente per mantenere l'integrità del patrimonio, venivano indirizzate alla vita contemplativa e relegate in un monastero. La “monaca forzata”, costretta ad condurre un tipo di esistenza che non aveva scelto, per quanto non sempre peggiore di un matrimonio combinato per ragioni di interesse, e spesso senza alcuna vocazione religiosa, vedeva sfiorire la propria giovinezza tra le mura di un santuario, lontana almeno idealmente dalle tentazioni del mondo e “votata” alla preghiera. Una strana prigione per creature senza colpa con ben poche occasioni di svago (sia pur con determinate comodità dovute al rango ed alla condizione sociale), ma non certo sufficienti a colmare le ore e fuggire la noia dalla spirito di una giovane dama.

La pièce fa riferimento ad un episodio storico significativo e decisamente in controtendenza rispetto alla cultura e alle convenzioni del tempo: «Le monache del Santa Chiara di Udine attuarono una forma di Resistenza davvero unica nel suo genere – ricorda Marta Cuscunà - Queste donne trasformarono il convento udinese in uno spazio di contestazione, di libertà di pensiero, di dissacrazione dei dogmi religiosi e della cultura maschile con un fervore culturale impensabile per l'universo femminile dell'epoca». Un'impresa non facile e non senza ostacoli: «Ovviamente l'Inquisizione cercò con forza di ristabilire un ferreo controllo sul convento e su quella comunità di monache, ma le Clarisse riuscirono a resistere per anni facendosi beffe del potere maschile e creando, dentro il Santa Chiara, un'alternativa sorprendente per una società in cui le donne erano escluse da ogni aspetto politico, economico e sociale della vita».


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