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Red 29 dicembre 2016
Arte: a Sassari, Tempesta imminente
La mostra di Cristian Lubinu ed Oscar Solinas, negli spazi del Centro sperimentale Mauro Manca, resterà aperta fino a venerdì 13 gennaio 2017


SASSARI - La mostra “Tempesta imminente”, inaugurata venerdì 16 dicembre negli spazi del “Centro sperimentale Mauro Manca”, annesso al Liceo Artistico “Filippo Figari” di Sassari, in Piazza d’Armi, vede il ritorno a casa di due artisti, Cristian Lubinu ed Oscar Solinas, diplomatisi anni fa nell'allora Istituto Statale d’Arte. La mostra resterà aperta fino a venerdì 13 gennaio 2017, dal lunedì al sabato, dalle ore 10 alle 12 e dalle 17 alle 20. In esposizione, una serie di installazioni spaziali, che creano suggestivi scenari metafisici, al cui interno gli spettatori potranno immergersi tra proiezioni e suoni, che renderanno la fruizione delle opere coinvolgente a tutti i livelli di percezione. Il senso della mostra è la denuncia da parte degli artisti della condizione attuale dell’uomo da due prospettive opposte e complementari: quella dal basso e quella dall’alto.

Da una parte, Lubinu descrive il punto di vista del popolo, cioè come le persone si sentivano e si vedevano nella società premoderna. Ai margini della globalizzazione, infatti, sopravvivono comunità in cui le persone si conoscono e si riconoscono, pavoneggiandosi e giudicandosi secondo un sistema di categorie in cui anche il migrante diventa un “tipo” che arricchisce il pantheon tradizionale; qui le persone possiedono ancora una bisaccia, un’interiorità in cui custodire pensieri e ricordi. Solinas, d’altra parte, descrive il punto di vista del grande capitale, per il quale l’uomo è solo un numero, un’entità omologata, merce fungibile e sostituibile a piacimento che presenta però un inconveniente: un cuore di troppo, ovvero sentimenti ed emozioni che possono rendere questa stessa merce instabile ed incontrollabile.

L'installazione di Cristian Lubinu è una rassegna di vari tipi umani espressi in maniera caricaturale attraverso una serie di burattini composti con materiali di scarto. A volte, la simbologia è semplice, quasi carnascialesca, come nel vescovo o nella politica dalla faccia di bronzo; altre volte risulta più complessa, come nella migrante africana, il cui salvagente ha degli aculei che possono anche trafiggerla. Le differenze di status si rivelano illusorie, perché gli attori della commedia umana sono brandelli di uno stesso tessuto sociale da cui sono manovrati e al quale risultano sospesi in modo precario. Un’umanità sofferente, deforme, riciclata, la cui anima viene continuamente strappata e rammendata.

Le sagome anonime di Oscar Solinas rappresentano l’umanità nel suo aspetto ripetitivo, seriale, omologato dalla globalizzazione. Le articolazioni metalliche consentano solo movimenti meccanici ad un corpo di poliuretano estruso, materiale derivato dal petrolio, simbolo dell’avidità delle multinazionali. Nonostante queste ultime cerchino di trasformarlo in una cosa inanimata, l’uomo conserva un aspetto animalesco, che si rivela nelle situazioni di panico. La finestra (sulla quale viene proiettato il mare in tempesta) suggerisce l’idea di una casa galleggiante che sta per affondare e dalla quale una massa di gente cerca di saltare fuori con accavallamenti di corpi che salgono l’uno sull’altro guidati dal solo istinto di sopravvivenza.


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